Servizio civile, gli enti: “il Governo sta affossando la sua riforma”

Così il titolo della nota di aggiornamento del Forum Terzo Settore apparsa sul sito istituzionale il 3 novembre scorso. L’articolo ripercorre alcune recenti tappe, dall’assicurazione del Presidente del Consiglio il 25 settembre scorso, con cui ribadiva l’impegno a stabilizzare il servizio civile a seguito della Riforma entrata in vigore nell’aprile scorso, fino alle misure contenute nella Legge di Bilancio presentata alle Camere per il triennio 2018-2020 dalla quale sta emergendo uno stanziamento progressivamente meno capiente, poco più di 179 milioni per il 2018, 152 per il 2019 e 147 per il 2020.

“Nel 2017” – prosegue l’articolo – “sono stati 53.000 i posti messi a bando, con un impegno economico di quasi 280 milioni. Sono stati più di 100.000 i giovani che hanno chiesto, volontariamente, di farlo. Dunque, la metà di essi è rimasta fuori dal sistema.

Con i fondi previsti dalla Legge di Bilancio nel 2018 partirebbero circa 36.600 giovani (il 31% in meno rispetto a quest’anno), nel 2019 27.600 (il 48% in meno) e nel 2020 26.700 (il 50% in meno). Eppure continuano a ripeterci che l’obiettivo è di far fare il servizio civile a 100mila giovani.

Tirando le prime somme politiche emerge che:

  • Il Governo affossa la riforma che esso stesso ha portato in Parlamento chiedendo l’approvazione del DL 40 “Istituzione e disciplina del servizio civile universale, a norma dell’art. 8 della legge 6 giugno 2016, n. 106” del 6 marzo 2017;
  • La principale azione pubblica di educazione alla cittadinanza e di apprendimento pratico viene tagliata. I giovani (quelli che vorranno votare) se ne ricorderanno alle imminenti elezioni politiche;
  • Si vedono gli effetti delle proposte del servizio civile obbligatorio: perché tenere quello Universale volontario se l’obiettivo è quello obbligatorio? Detto in altri termini: visto che non vogliamo finanziare il servizio civile volontario per 100mila giovani, con gli stessi soldi finanziamo il servizio civile obbligatorio di un mese.

Entro la fine di novembre gli enti dovranno depositare i nuovi progetti di servizio civile per il 2018: perché dovrebbero impegnarci se il Governo stesso lancia segnali di marcia indietro?

Nei prossimi mesi dovrebbero iscriversi al nuovo Albo Unico degli enti accreditati: con quale prospettive?

La Cnesc (Conferenza nazionale enti servizio civile) si impegnerà in sede parlamentare, come ha sempre fatto, per far avere al servizio civile gli stanziamenti necessari, ma il primo passo deve farlo il Governo modificando già in Commissione Bilancio al Senato la proposta.

Dove reperire i 100 milioni di euro che mancano al fondo del servizio civile per mantenere gli stessi numeri del 2017? Dal bilancio della Difesa, che ha una dotazione di decine di miliardi di euro. Certamente la ministra Pinotti, che si dice favorevole al servizio civile obbligatorio, non si opporrà.

Alla CNESC aderiscono: Acli, Aism, Anpas, Arci Servizio Civile, Anspi, Avis Nazionale, Caritas Italiana, Cesc, Cnca, Comitato Italiano UNICEF, Confederazione Nazionale Misericordie d’Italia, Cong.P.S.D.P.Ist.don Calabria, Diaconia Valdese, Don Orione, Federazione SCS/CNOS – Salesiani per il sociale, Federsolidarietà / CCI, Focsiv, INAC, Legacoop, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, UILDM, UNITALSI, UNPLI. Osservatori: Movimento Nonviolento, Telefono Azzurro.”

Vita.it riprende la notizia in un proprio articolo e “ha interpellato il capo dell’Ufficio nazionale Calogero Mauceri che […] ha precisato che «l’obiettivo è quello di confermare anche nel 2018 il numero degli avvii del 2017: circa 53mila, quota che rappresenta la capacità progettuale degli enti».Come arrivarci? «L’iter della legge è cominciato da poco, c’è tempo per sistemare le cose, come è già accaduto in passato». Il riferimento più prossimo è alla legge di Bilancio delle scorso anno che nella sua prima formulazione prevedeva per il 2017 una dotazione di appena 111 milioni di euro, poi cresciuti di 2 volte e mezzo.”.

L’unico modo – a nostro avviso – sarebbe quello di dotare la legge, una delle quattro gambe della Riforma del Terzo Settore ricordiamo, di una propria dotazione finanziaria, almeno per un contingente minimo di partenze da ampliare di anno in anno in base ad eventuali aggiuntive risorse rintracciabili nel bilancio dello Stato. Ma si tratta di fare un investimento reale.

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